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Per Sofri la pietà negata a Craxi
di Mattias Mainiero
Cominciamo dalla fine: mai essere amici della sinistra, quando a governare è la sinistra. Potrebbe accadervi di finire nei guai, e di aver un nemico in più da combattere: i vostri amici nonché compagni rossi integerrimi politici che confondono pietà e certezza della pena, accanimento e giustizia, serietà e prepotenza, e che possono anche farvi morire in esilio perché loro hanno deciso così. Nessuna esagerazione.
Questa è la cronaca di due fatti, due storie di uomini, Adriano Sofri e Bettino Graxi, finiti appunto nei guai, e di due epiloghi giudiziari completamente differenti. A mettere insieme le due vicende è stato ieri il Secolo d'Italia, quotidiano di An. La firma è quella di Carla Conti. Nessun giudizio sulle responsabilità dei singoli, solo i due comportamenti diametralmente opposti dei responsabili della Cosa pubblica, che parlano da soli.
In breve. Sofri, accusato dell'omicidio del commissario Calabresi e per questo condannato, da lunedì è un uomo libero. Libero per motivi di salute, perché è finito in ospedale e perché il magistrato di sorveglianza ha disposto la sospensione della condanna. Si può discutere sulla colpevolezza o l'innocenza di Sofri.
Nessuno, a destra e a sinistra, si è permesso di discutere sull'opportunità del provvedimento di sospensione. Un atto di umanità è un atto di umanità, non ha implicazioni giudiziarie, non è la grazia. Non significa che lo Stato è sceso a patti o ha riabilitato il condannato o chissà cosa. Vuoi dire che quello Stato ha bene in mente la differenza tra il letto di un ospedale e la branda di una prigione, una flebo e un paio di manette.
E Bettino Craxi?
Sei anni fa il segretario del Psi versava in gravissime condizioni. Era in Tunisia, lottava tra la vita e la morte, aveva bisogno di cure urgenti. Forse, se fosse tornato in Italia, si sarebbe salvato. Dissero che non poteva, che non era giusto. Fecero la faccia feroce. Governava la sinistra. Di sinistra il presidente del Consiglio Massimo D'Alema, di sinistra il ministro della Giustizia Oliviero Diliberto, osannata dalla sinistra la Procura di Milano che con Craxi aveva ingaggiato un lungo braccio di ferro. Dissero no (e lo stesso fece la Francia del socialista Jospin).
Craxi, uomo di sinistra, morì in Tunisia, in esilio, per volontà di un governo di sinistra. È ancora lì, in una tomba che guarda il mare. Sofri, uomo di sinistra, è libero col beneplacito di un governo di centrodestra (e con il ministro Castelli - finora contrario alla grazia - che ora dice: «Sto doverosamente riesaminando il caso alla luce del fatto nuovo. Non sono cambiate le mie opinioni,ma i fatti...»).
Mai essere amici di questa sinistra che da lezioni di umanità a tutti, che accusa tutti di insensibilità, che parla di regime e di leggi ad personam, che ieri esultava per la pena sospesa a Sofri e che sei anni fa non volle cedere trasformando lo Stato in un giustiziere.
Perché Craxi era meno degno? Perché il leader socialista faceva paura? Perché nella concezione che la sinistra ha dello Stato non c'è spazio per un atto d'umanità?
Antonio Di Pietro, storico e acerrimo avversario di Graxi, ha dichiarato: «Giusta e doverosa la decisione del giudice di sospendere la pena pers ei mesi ad Adriano Sofri. E una questione di sensibilità nei confronti di un uomo che sta soffrendo e che quindi merita attenzione, cure e rispetto, garanzia che deve essere comunque riconosciuta per tutti i detenuti nelle condizioni dell'ex leader di Lotta Continua».
Craxi non meritava né cure né rispetto. Attenzione sul serio ad essere amici di questa sinistra e dei suoi alleati.
Da Libero del 30 novembre 2005 |
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