Cento milioni di euro. Mica pochi. Eppure alla Cgil devono essere apparsi molto-molto-molto pochi, pochissimi. Pensate: il governo li aveva accantonati per gli operai che stanno per uscire dai cicli produttivi della Fiat. Cicli, non tricicli. Niente, non c'è stato niente da fare: l'accordo con il governo è saltato e nulla è servito per indurre il granitico sindacato a fare quel passo indietro che chiedevano tutti, i lavoratori, il ministro Roberto Maroni, il sottosegretario al Welfare Roberto Rosso e perfino le organizzazioni dei lavoratori.
Ma quelle non ortodosse, quelle troppo morbide, quelle che avevano accettato di rimanere al tavolo delle trattative e avevano fatto intuire che un accordo del genere poteva anche andare bene, hanno dovuto arrendersi. Quelli normali insomma (Firn e Uilm) alla fine hanno dovuto battere in ritirata e cedere alle pressioni della Cgil.
Ma ieri sono accadute due cose: la Uilm, rompendo la crosta di omertoso silenzio che da mesi copre la questione, ha avuto il coraggio di raccontare qualcosa di nuovo.
«È sempre sbagliato andarsene da un tavolo quando ci sono trattative in corso. Ma è stato ancora peggio non aver accettato la proposta del governo - ha raccontato Maurizio Peverati, segretario generale della Uilm Piemonte -. Abbiamo tenuto in piedi un tavolo per tre anni sul contratto, che era come tenere vivo un morto. E non ho capito perché questo invece è stato abbandonato. Mi piacerebbe saperlo, è una mia curiosità. Io non voglio andare allo scontro con nessuno, ma devo tutelare l'interesse dei lavoratori senza tener conto dei risultati di bottega. Buttare a mare quell'accordo, che comunque era migliorabile, è stato un errore perché si è preferito l'incerto al certo. Personalmente mi auguro che vinca la sinistra, ma chi ci garantisce che il prossimo governo troverà tutti quei soldi?».
Parole nette. Parole forti, praticamente un petardo nell'ascensore. Ed è stato proprio sul sospetto di tornaconti di bottega che si è aperto un dibattito. Anzi uno scontro vero tra Forza Italia e Cgil, come quelli che non si vedevano da tempo. Guelfi e Ghibellini. E così tra gli azzurri è scoppiata la voglia di «dire la verità» che ha spinto il coordinatore regionale Guido Crosetto a convocare i giornalisti per gridare ai quattro venti lo scandalo sindacale.
Assieme a lui anche il sottosegretario al Welfare Rosso, l'ex assessore regionale al Lavoro Gilberto Pichetto, il sottosegretario Margherita Boniver, il capogruppo in Regione Enzo Ghigo.
Spiega Crosetto: «C'è un incredibile silenzio su questa storia. Ma questa è una storia che va raccontata. L'accordo è saltato per l'opposizione della Cgil che si è messa contro i lavoratori e contro la proposta del governo non per motivi sindacali, ma politici e ha trovato questa strana alleanza con la Fiat che a mio avviso è uno dei motivi per cui i vertici di Conflndustria si sono avvicinati più al sindacato che alle proposte del governo. Questa è una cosa da denunciare perché i lavoratori si troveranno ad aprile senza alcuna tutela a causa del fatto che il sindacato ha rifiutato 12 anni di sostegno già finanziati dal governo».
Un governo che aveva ragionato in grande stile. L'accordo nazionale (ma soprattutto con la Fiat e con le aziende dell'indotto) prevedeva che lo Stato mettesse a disposizione fondi a garanzia dell'impiego per 100 milioni di euro ogni mille dipendenti a rischio. In altre parole sicurezza economica per quei lavoratori ultracinquantenni che probabilmente perderanno il lavoro, sino alla pensione, anche per 12 anni.
Ma non tutto era gratis ovviamente. In cambio il governo chiedeva ai lavoratori qualcosa: accettare un altro impiego qualora fosse arrivata una proposta dalle agenzie interinali. In questo caso, lo stipendio sarebbe stato pagato dalla nuova azienda. Ma questo alla Cgil non andava bene.
In più ai lavoratori non si chiedeva neppure lo sforzo di adattarsi a impieghi troppo diversi da quelli svolti fino al giorno prima o distanti dal luogo originario. Per legge infatti il nuovo impiego avrebbe dovuto essere simile per mansioni a quello vecchio e la sede avrebbe dovuto essere a meno di 30 chilometri dalla località di residenza.
Che cosa hanno detto Cgil e Fiat? Hanno detto no. Cioè hanno rifiutato un accordo che garantiva uno, stipendio ai lavoratori per 11/12 anni, preferendo la proroga di sei mesi della cassa integrazione.
Rosso è furibondo e preoccupato: «Ci sono 600 persone che a maggio perderanno il posto perché la cassa non è più prorogabile. Ce ne sono altre 1400 che entro pochi mesi resteranno a casa e la Fiat ci ha fatto capire che ne aveva due, tremila da far fuori a Torino, un dramma sia per la città, sia per la provincia. La Cgil ha forse un accordo sottobanco con Prodi per trovare sotto l'uscio 500 milioni di euro dopo le elezioni? Qual è il destino di questa gente? In passato ci si scandalizzava per alcune centinaia di persone a rischio e oggi che duemila lavoratori subito e tremila in prospettiva rischiano di perdere il posto, nessuno parla».
È toccato a Ghigo chiudere il discorso. «Fa specie che l'assessore Migliasso sia andata a Roma per chiedere sei mesi di cassa integrazione al posto di 12 anni. Ma ormai mi sembra chiaro che la Fiat ha fatto un accordo con la Cgil. Se è così vorremmo conoscerne i contenuti perché come dice Tremonti: se vincesse Prodi entro i primi due mesi dovrebbe tassare retroattivamente i Bot per pagare il cuneo fiscale e quindi vorremmo sapere dove prenderebbe 500 milioni di euro per sistemare questi lavoratori della Fiat».
Già, dove li prenderebbe?